Niente Panico! Cos’è il disturbo da Attacchi di Panico e come si affronta

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“Giovanni era al cinema quando ebbe il suo primo attacco di panico: all’improvviso avvertì una forte sensazione di vuoto mentale e tutto intorno a lui iniziò a girare. 

Si sentiva come se fosse fuori dal mondo e come se tutto fosse irreale. Giovanni iniziò a temere che stesse per accadere qualcosa di molto brutto, che stesse impazzendo e che di lì a poco avrebbe perso il controllo. Iniziò a respirare con fatica e i battiti del suo cuore iniziarono ad accelerare… fu costretto ad uscire di corsa dal cinema. Giovanni si sottopose subito a diversi esami medici che esclusero la presenza di patologie organiche e lo orientarono verso una diagnosi di attacco di panico. 

Da allora Giovanni ebbe altri attacchi simili e iniziò ad evitare le situazioni in cui sarebbe stato difficile o imbarazzante chiedere aiuto nel caso che si fosse sentito nuovamente male. Non andava più al cinema, nei locali affollati, non guidava più per paura che l’attacco potesse ripresentarsi alla guida. Di conseguenza la sua vita divenne sempre più limitata e questo lo faceva soffrire molto”.

Il caso di Giovanni è un tipico esempio di un Disturbo da Attacchi di Panico. Un attacco di panico è caratterizzato da un stato di intensa paura o disagio intenso che raggiunge il picco nel giro di circa 10 minuti, in cui si manifestano almeno 4 tra questi sintomi: palpitazioni o tachicardia, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, sensazione di asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di testa leggera e di svenimento, derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (sensazione di distaccamento da se stessi), paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire, torpore o formicolio, brividi o vampate di calore.
Affinché si possa fare diagnosi di disturbo di panico, l’attacco dev’essere seguito dalla preoccupazione persistente di avere altri attacchi di panico e da preoccupazioni relative alle implicazioni e alle conseguenze dell’attacco di panico (per es. perdere il controllo, impazzire, morire d’infarto, etc.).

Al disturbo di panico, spesso si associa una condizione psicopatologica chiamata Agorafobia. L’agorafobia è caratterizzata dall’ansia di trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile (o imbarazzante) allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto, in caso di attacco di panico. I timori agorafobici riguardano solitamente situazioni quali l’essere fuori casa da soli, l’essere in mezzo alla folla o nel traffico, essere in ascensore, viaggiare in automobile o con altri mezzi di trasporto. Le situazioni temute vengono evitate, affrontate solo in presenza di qualcun altro oppure sopportate con molto disagio o con l’ansia di avere un attacco di panico.

Non è possibile individuare un’unica causa del disturbo di panico, sono diversi sono i fattori che rendono una persona vulnerabile allo sviluppo di attacchi di panico. Uno di questi è l’Anxiety Sensitivity, un atteggiamento catastrofico, di paura rispetto alle sensazioni di attivazione neurovegetativa dell’organismo (tachicardia, dolore al petto, etc.) che tendono ad essere erroneamente interpretate come pericolose e in grado di produrre conseguenze disastrose come la morte o la pazzia. Alcuni studi hanno evidenziato che determinati atteggiamenti genitoriali in età evolutiva possono contribuire allo sviluppo dell’Anxiety Sensitivity nel bambino: genitori che favoriscono il comportamento da malato del bambino, che manifestano attenzione preoccupata quando il bambino è ansioso o tendono ad evitare che i bambini facciano esperienze autonomizzanti.
L’attacco di panico rappresenta uno di quei disturbi che intacca maggiormente il funzionamento sociale e lavorativo della persona e che necessita dunque di un tempestivo intervento: più l’intervento è precoce minori saranno i rischi di cronicizzazione del disturbo e maggiori le probabilità di una remissione totale.
Oltre che attraverso una terapia farmacologica, o in congiunzione a questa, il Disturbo da Attacchi di Panico può essere trattato attraverso una psicoterapia cognitivo-comportamentale che può essere individuale o di gruppo con una cadenza settimanale.
Il protocollo prevede, dopo una prima fase di valutazione e di inquadramento del caso, una fase di psicoeducazione nella quale si aiuta il paziente a comprendere precisamente cos’è l’attacco di panico e a distinguere l’ansia come reazione normale dell’organismo di fronte a situazioni di pericolo dall’ansia patologica.

L’obiettivo della terapia sarà quello di aiutare il paziente ad affrontare le situazioni temute: questo avverrà in maniera graduale e solo dopo aver appreso delle tecniche di gestione dei sintomi ansiosi. Le principali tecniche utilizzate a questo scopo sono le tecniche di respirazione e il rilassamento muscolare progressivo. Recentemente si stanno sempre più utilizzando le tecniche di mindfulness, una pratica di consapevolezza deriva dallo yoga che viene utilizzata trasversalmente in diversi disturbi con obiettivi terapeutici differenti. Nel disturbo di panico il ruolo della mindfulness è quello di far prendere alla persona consapevolezza dei propri stati interni e di acquisire un nuovo modo di rapportarsi a questi stati mentali attraverso una presa di distanza da essi.
Una volta preparato il paziente attraverso le tecniche di gestione dei sintomi, si inizia con la fase dell’esposizione alle situazioni temute. Tutte queste tecniche di intervento nel complesso permettono che avvenga una ristrutturazione cognitiva dei pensieri disfunzionali connessi all’ansia (paura di morire o impazzire) proprio perché il paziente, affrontando le situazioni temute, sperimenta che in realtà le conseguenze catastrofiche non si verificano.

Il protocollo presentato è solo uno dei modi possibili di affrontare questo problema ma sicuramente quello di più comprovata efficacia tanto da essere inserito nelle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

di Luisa Buonocore

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