Adieu ciucciotto!!!

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Provate a sfiorare con un dito le labbra o le guance di un neonato… immediatamente il piccolo si attiverà alla ricerca della fonte dello stimolo, girerà la testa ed inizierà a muovere rapidamente le labbra, come nel tentativo di ciucciare. Viene definito rooting reflex, associato all’arcaico ed innato riflesso della suzione, presente già in epoca pre-natale.
Già a partire dal 5° mese di gestazione, infatti, il book ecografico del nascituro pullula di scatti che lo ritraggono in quella che sembra essere la sua posa preferita: l’atto di succhiarsi il pollice.
L’istinto di “ciucciare”, non esclusivo del cucciolo d’uomo, ma comune alla quasi totalità dei neonati, ha come scopo prioritario quello di assicurare e soddisfare un bisogno primario, il nutrimento. L’immediatezza ed il vigore con i cui il piccolo si attacca alla mammella garantiscono quindi il superamento delle eventuali difficoltà legate alla fuoriuscita del latte materno e rispondono, in maniera più generale, ad un impulso naturale di conservazione della vita.
Durante la prima fase dello sviluppo definita la “orale” (0-2anni), il bambino tende a portare alla bocca, oltre al capezzolo materno, tutti gli oggetti che riesce ad agguantare.
La cavità orale quindi svolge un prioritario ruolo di tipo esplorativo e conoscitivo, rispetto al mondo circostante, nonchè sede di piacere.
Oltre alla vitale funzione nutritiva e conoscitiva, l’atto di succhiare ed attaccarsi al seno ha un effetto rasserenante, tranquillizza e gratifica. Il piccolo è soddisfatto nel suo fabbisogno alimentare ed emotivo; è proprio quest’aspetto, quello del piacere che riceve durante la suzione, che può determinare in epoca successiva la difficoltà di separazione dal seno materno.
Nonostante la dipendenza dal ciuccio o dal biberon si verifichi in maniera molto più frequente nell’allattamento artificiale o misto, un particolare attaccamento può istaurarsi anche nei di bambini nutriti naturalmente.
Quando il succhiotto o la bottiglina assumono la valenza di “antidoto al dolore”, offerti per consolare il pianto o per accompagnare la fase di addormentamento, possono diventare talmente indispensabili al piccolo che il loro uso può protrarsi per un tempo a dir poco eccessivo.
Non di rado l’uso del biberon continua fino all’epoca della scolarizzazione: in tal caso i genitori tendono a giustificare l’abitudine con la fretta del mattino o in quanto unica modalità possibile affinchè il bambino beva il latte.
Benchè sia un’impresa non facile, i morbidi amici in silicone vanno abbandonati con gradualità, ma nei tempi fisiolofici. Oltre ad essere veicoli di infezioni, ciuccio e biberon ostacolano il normale contatto lingua-palato e lingua-arcate superiori, con importanti ripercussioni sulla dentizione e sulla funzione deglutitoria.
Anche il normale accrescimento osseo può subire modifiche: la volta del palato può incurvarsi verso l’alto e lo sviluppo dell’osso mascellare può risultare inibito.
Ma quando salutare ciucciotto e bottiglina?
L’epoca indicata in ambito pediatrico viene fissata tra i 24 ed i 30 mesi: saranno poi le numerose variabili individuali, la storia e la crescita di ciascun bambino a determinare il momento preciso in cui dire finalmente: “Adieu ciucciotto!!!”

 

di Mariarosaria D’Esposito

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