Ma chi è veramente l’Uomo?

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“Un universo sconosciuto”, ha scritto uno Alex Carrell. “Uno straniero in casa propria”, secondo Sigmund Freud. Un “Inferno”, per Jean-Paul Sartre.

In realtà le concezioni dell’uomo peccano per eccesso tra chi come Jean Jacques Rousseau, (ma anche Cartesio, Hegel) lo ritiene un essere naturalmente buono, che via via diventa malvagio a contatto con la società (bisognerebbe però capire chi ha corrotto la società, e, poichè questa è costituita da uomini, anch’essi all’inizio (?) ritenuti cinnocenti, facendo il percorso a ritroso non troveremmo esseri buoni, ma creature già in pessima salute) e chi come Platone, ma soprattutto Thomas Hobbes lo dipinge malissimo ritenendolo un lupo tra i lupi, avido ed egoista, pronto a qualsiasi forma di violenza e di guerra, pur di prevalere e di affermare se stesso. In mezzo si trovano delle concezioni più realiste, ovvero più vicine alla condizione umana.

Molto più convincente, pertanto, appare la posizione di Nichiren Daishonin, maestro buddista del dodicesimo secolo, il quale, in un suo scritto (gosho), chiamato Gosho di Capodanno, scrive: “Per prima cosa, alla domanda di dove si trovino esattamente l’inferno e il Budda (semplificando, gli aspetti negativi e positivi), un sutra afferma che l’inferno si trova sotto terra e un altro dice che il Budda risiede a occidente. Ma, a un attento esame, risulta che entrambi esistono nel nostro corpo alto cinque piedi; questo dev’essere vero perché l’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre. è come il seme del loto che contiene al tempo stesso il fiore e il frutto. Anche il Budda dimora nei nostri cuori, così come, dentro la pietra focaia esiste il fuoco e dentro le gemme esiste il valore.”

Dunque nell’uomo stesso si trovano l’inferno e la buddità, la fonte di tutto ciò che è negativo e la spinta al bene.

All’interno della cultura occidentale, chi è molto vicino a questa concezione è Blaise Pascal (Clermont 1654-1662). Nei “Pensieri” egli offre un’ampia panoramica della contraddittoria condizione dell’uomo “paradosso a se stesso”. “L’uomo è giudice di tutte le cose e debole verme della terra, depositario della verità e cloaca d’incertezza e d’errore, gloria e rifiuto dell’universo.”

Quel che ci dicono questi due saggi, a distanza di alcuni secoli tra loro, è che è inutile cercare fuori di sè, in qualche divinità, nella natura, nelle stelle, nella società, negli altri, le ragioni del bene e del male. Bene e male ci abitano più di quanto noi possiamo immaginare. E, allora, per completare e correggere la riflessione iniziata con l’opinione di Jean-Paul Sartre, secondo cui “l’inferno sono gli altri”, nel senso che la causa di ogni nostro dolore, sofferenza, odio, male, risiederebbe negli altri miliardi di esseri umani, Nichiren Daishonin e Blaise Pascal ci spingono a cercare dentro di noi le nostre contraddizioni, così come il bene e il male. Dentro di noi si trova la causa di tutto. Dentro di noi va ricercata la responsabilità di tutti i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni le quali possono avere origine nell’inferno, come sostiene Nichiren, o nella cloaca, come dice Pascal.

In un suo recente romanzo, “Ogni angelo è tremendo”, nel tentativo di indicare come dentro la nostra oscurità risiede la vita, Susanna Tamaro scrive: “L’illusione di Rousseau – cioè dell’uomo che nasce naturalmente buono – la lascio agli spiriti ingenui, a tutti coloro che non hanno mai guardato in faccia la natura dell’essere umano. Il male ha natura volatile, leggera, inodore e invisibile, penetra ovunque senza alcuno sforzo, invade le persone, senza che se ne accorgano. Da questa assenza di contemplazione nasce il ricorso al capro espiatorio che va perseguitato e annientato. Non è questa forse la genesi di tutte le forme di umana distruzione? Basterebbe, invece, volgere onestamente lo sguardo dentro di noi per accorgerci dell’inutilità (io avrei detto della malvagità) di trascinare il capro nel deserto, per buttarlo giù dalla rupe.” 

 

di Domenico Casa

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