Blaise Pascal tra esprit de geometrie e esprit de finesse

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Desta sempre enorme sorpresa il fatto che le grandi menti speculative e scientifiche, da Galileo Galilei fino ad Albert Einstein, trovino difficoltà ad accettare quello che nel linguaggio tecnico viene chiamato scientismo. Ossia il ricorso sempre e comunque alla scienza e alla sua metodologia anche nello studio delle attività umane spirituali.
Queste non sono assolutamente spiegabili con la ragione scientifica i cui limiti oggettivi sono messi in evidenza proprio dagli uomini di scienza.
La grande, e insuperata, mente di Emanuele Kant, dopo aver destituito la metafisica (tentativo opposto allo scientismo) di ogni fondamento empirico e razionale, si adoperò costantemente nel sostenere l’esistenza di un mondo non spiegabile con la ragione critica. A questo mondo egli riconduceva quella che viene chiamata generalmente “anima”, che altro non è se il mondo spirituale.
Già prima di lui, però, un’altra grande mente legata al mondo scientifico, Blaise Pascal, nell’opporsi al rigido razionalismo cartesiano, che aveva ridotto l’uomo alla sola ragione, “cogito ergo sum”, ne aveva criticato le pretese, sotolineandone i limiti e le impossibilità. Egli, infatti, sosteneva che la ragione può muoversi solo nell’ambito che le è proprio, quello delle realtà naturali, procedendo con un suo metodo definito esprit de geometrie.
D’altra parte, essendo il dominio della natura smisurato, spesso la ragione è costretta a subire anche degli scacchi. Ciò non toglie che essa sia uno strumento indispensabile per gli uomini, così come sono innegabili e straordinari i progressi compiuti mediante il suo uso costante.
E tuttavia, secondo il pensatore francese, c’è qualcosa che la ragione non può spiegare, ed è il mondo umano. Già Eraclito aveva scritto che “i confini dell’anima, per quanto tu cammini, non potrai mai raggiungerli.”
E allora bisogna rinunciare a conoscere l’uomo? Questi resterà sempre un universo sconosciuto? No, risponde Pascal. Esiste un altro metodo per affrontare la realtà umana, quello che egli chiama “esprit de finesse” (lo spirito di finezza). A differenza della ragione scientifica che procede per regole certe e collaudate, esso si affida alle “ragioni” del cuore, ed è costituito di intuito, sentimento, fede, empatia.
Negli anni che sono alle nostre spalle, a qualcuno, prontamente abbandonato, è venuto in mente, ad esempio, di fornire la “misura” dell’amore, con la pretesa di ridurlo ad un insieme di reazioni chimiche, fingendo di ignorare che queste erano solo la ricaduta fisica di un fenomeno, l’amore appunto, non misurabile e non quantificabile. A conferma, C.G. Jung scriveva: “Mi sono ripetutamente trovato di fronte al mistero dell’amore e non sono mai stato capace di spiegarmi cosa sia.”
Lo stesso potrebbe dirsi della fede, della simpatia, del dolore. Ma anche di tutto quel “sentire” oscuro che si chiama odio, rancore, invidia, gelosia, disprezzo di sé e degli altri. “Avevo trascorso gran tempo – scriveva Pascal ne “I Pensieri” – nello studio delle scienze esatte…ma nei giorni dell’afflizione, la scienza delle cose esteriori non varrà a consolarmi.”
Bisogna perciò affidarsi all’esprit de finesse, alle ragioni del cuore, perché la scienza, di fronte agli interrogativi fondamentali e ultimi risulta impotente e muta. L’arte, la poesia, la filosofia, la fede contengono, secondo Pascal, gli elementi per formare e affinare l’intuito, la sensibilità, e ampliare lo “sguardo” sull’uomo e sui suoi problemi.

 

di Domenico Casa

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